Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Il riso in alto
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 270, p. 3
Data: 13 novembre 1955


pag. 3




   La «valle del pianto», l'espressione biblica che è diventata «lacrymarum valle» nel Salve Regina, fa immaginare, per legittima deduzione di antitesi, che il regno del riso si trovi sulle alture.
   Difatti il vecchio Omero, ci fa assistere al «riso inestinguibile» di Giove sulle vette dell'Olimpo. Il riso di Beatrice consola il poeta pellegrino dai più alti seggi del Paradiso. Federico Nietzsche attribuisce la tragica e profonda virtù del riso al suo profeta Zarathustra che scende dalle alte montagne. Ma c'è chi ride assai più in alto, a una vertiginosa e non immaginabile altezza, ed è Dio stesso che ride dalla sommità dei cieli. Sembrerà scandaloso a qualche cristianello dei giorni d'oggi un Dio che ride ma basterà dare un'occhiata al versetto 4 del 2" salmo per rassicurare gli schifiltosi aggrondati: «Colui che siede nei cieli ne ride».
   Il pianto, dunque, è proprio dei luoghi bassi mentre il riso appartiene alla libertà delle altitudini. Tale contrasto non può essere dovuto a un casuale capriccio di scrittori, ispirati o no: ci deve essere una ragione. Ma forse non è difficile trovarla. Da una grande altezza tutto quello che si vede giù in basso appare piccolissimo, i giganti sembrano bamberottoli, gli uomini sembrano addirittura tignole senza ali. Rimpicciolite le dimensioni decresce l'importanza degli eventi e la gravità dei sentimenti. Vi immaginate un Edipo, un Tieste, un Macbeth, un Otello, rappresentati da piccolissimi omaccini gesticolanti, che pronunciassero le grandi e terribili parole dei poeti con dei labbri minuscoli, appena visibili nei loro musini indistinguibili? Non possiamo ammettere nè concepire afflizioni, angosce, cioè drammi interiori nè tragedie sovrumane, in esseri troppo parvificati, come ci appariscono contemplati dalla cima di un monte. Lassù, nell'ebrietà dell'aria pura e rarefatta, tutte le azioni degli uomini, anche le più solenni e tragiche, fanno l'effetto di gesti ridicoli di pigmei buffi e perciò non possono ispirare altro che una squillante risata. La quale può nascondere, qualche volta, la pietà o lo sdegno ma è purtuttavia la giusta risposta del sarcasmo di Momo alle pazzie pretenziose degli insetti umani.


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